Sabato 22 u.s. ho proposto a mio figlio di quattro
anni di assistere ad un avvenimento sportivo. Lo incitavo a battere
le mani e ad incoraggiare i concorrenti. Nel frattempo le lacrime mi
bagnavano il volto. "Juan" scivolava silenzioso lungo la prima
corsia. Aveva un coordinamento perfetto ed ha mantenuto lo stesso
ritmo accellerato dalla partenza fino alla fine delle vasche. Quando
transitava davanti alla nostra postazione ci associavamo al
coro entusiastico dei suoi sostenitori. Benché fosse alto novanta
centimetri e avesse lo sterno e l'addome sproporzionatamente gonfi,
"Juan" è stato uno dei pochi ad uscire da solo dall'acqua. Quasi
tutti gli altri concorrenti sono stati gentilmente "pescati" e con
gran cura accomodati nelle loro carozzelle.
Non descriverò altre deformazioni di questi
splendidi atleti. Cercherò di esprimere alcune osservazioni:
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i disabili ottengono successo nel campo della
loro debolezza;
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ci sono stati i primi classificati, ma tutti
hanno concluso la prova, anche quelli che percorrevano la prima
vasca (e con quale sforzo!), mentre i più veloci stavano ultimando
la quarta;
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nessuno di loro era solo. Erano sorretti,
guidati e assistiti da collaboratori amorevoli che compensavano le
loro infermità.
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Ad ogni lettore la libertà di identificarsi con
l'invalido o con il soccorritore.
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Certo è che tutti abbiamo qualche tipo di
risorsa e che questo mondo squilibrato può essere messo in ordine
proprio dal coraggio, dalla volontà e da un pizzico di orgoglio
per vincere la nostra gara e dalla solidarietà del più forte verso
chi ha bisogno.
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