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ubriacarsi di libertà

Lehi, un profeta antico citato nel Libro di Mormon, sognò di mangiare un frutto dolcissimo rappresentante il vangelo e di condividerlo con la sua famiglia. Alcuni ne mangiarono e lo assaporarono. Altri lo presero, ma scorsero un gruppo di persone che indicandoli con il dito li deridevano. Ebbero così vergogna e tristemente si allontanarono.

Con un po' di anticipo il filosofo Platone descrisse le condizioni del nostro tempo:

"Si chiede della libertà e se ne pretende ancora. Chi si dimostra disciplinato viene definito uomo senza carattere. Il padre impaurito finisce per trattare i figli come suoi pari e non è da essi rispettato. Il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui. I giovani pretendono la stessa considerazione dei vecchi e non hanno riguardo e rispetto per nessuno"

Da cosa dunque si riconosce una persona "di carattere"? Dal linguaggio "libero" ricco di parolacce? Dal comportamento "libero" capace di opporsi all'autorità (che sia il genitore, l'insegnante o il poliziotto)? Dal numero di tradimenti perpetrati contro il coniuge per la "libertà" sessuale?

Non siamo liberi soltanto di fare il male, uscendo dai canoni della normalità o ricercando stravaganza e diversità. Ricordo due motti:

"Difendiamo la verità e la rettitudine"

e

"La malvagità non fu mai felicità".

La nostra libertà ha ancora più valore quando scegliamo non per obbligo, di portare con fierezza i nostri valori, conservando le nostre posizioni con coraggio e determinazione. Combattiamo contro la falsa, dominante pubblicità che ci invita a godere di un sottile gusto aggressivo, a volte sottinteso, a volte spregiudicatamente esplicito, senza norme, senza regole, senza inibizioni.

Invertiamo la rotta!