Fra i quindici e i sedici anni ho
iniziato a pormi seriamente delle domande sulla mia esistenza. Chi sono? Perché
esisto? Hanno uno scopo il bene e il male? Questa terra è in funzione di me, o
sono io una particella insignificante in essa?
All'epoca ero un grande
appassionato di pallavolo e di motociclismo, nonché cantante a squarciagola dei
Deep Purple. Godevo anche di una certa notorietà. A scuola ero rappresentante
di classe ed ho condotto delle vere e proprie campagne per salvaguardare i miei
amici.
Iniziai affascinato, a consumare
libri di psicologia e di sociologia. Mi soffermai anche su un tema che
preoccupò i miei genitori, "La sociologia del suicidio" al punto che
mi avviarono ad una serie di colloqui con un valente psichiatra, che ovviamente
mi ritenne sano come un pesce. Rimbalzai fra una scienza e l'altra, sempre in
campo umanistico, fin quando per mera curiosità, approdai ad un libro di
teologia: "Teologi senza Dio" di Ved Metha. Mi piacque la materia
trattata, sopratutto perché, a differenza delle discipline che avevo in
precedenza accarezzato, questa calzava a pennello con le mie annose domande.Feci
una panoramica di molte religioni, tutte estremamente interessanti. Tornai alla
teologia cristiana e cercai di approfondire il discorso procurandomi altri testi
fin quando mi resi conto che tutti gli autori sostenevano le loro teorie con
riferimenti alla Bibbia. Allora, perché non consultarla da me stesso? Basta con
le opinioni altrui!
Ne avevo una vecchissima, forse
appartenuta a mio nonno materno. Cominciai a leggerla cercando qualcosa di
indefinito, ma che mi spingeva a scrutarla con molta attenzione. Sin dalle prime
battute avvertii uno stridore con le mie fondamenta piuttosto logiche e segnai
sulle parti bianche delle pagine i miei appunti di stupore e di ironia nei
confronti di quanto ivi dichiarato. Arrivai alla fine del pentateuco, cioè
avevo letto tutto il resoconto accreditato a Mosè. Ero soddisfatto della
lettura, ma mi sembrava di aver tralasciato qualcosa o che qualcosa durante
l'apprendimento, mi fosse sfuggita. Decisi di ripartire ed aprii quindi il libro
alla prima pagina. Fu allora che scopersi un mutamento avvenuto dentro di me.
Non ponevo più domande e commenti ironici. Piuttosto, con atteggiamento serio e
composto, mi chiedevo perché e come Dio avesse fatto quanto era lì descritto.
Cos'era successo? Mi ero
suggestionato? Lungi da me! Non volevo aver cambiato posizione in merito
all'esistenza di Dio, soltanto per aver letto una parte di un libro. No, lo
rifiutavo. Ben presto però dovetti arrendermi ad una influenza più forte di
me, scaturita dalla lettura delle prime pagine della Bibbia, che aveva inciso un
segno indelebile in me che mi assicurava con inconfutabile certezza che Dio
esiste davvero. Sentivo che quel libro era proprio sacro. |
A quel punto non potevo fermarmi.
Dovevo sapere chi era Dio e quale fosse il mio rapporto con Lui.
Mi cimentai in uno sforzo di
ricerca e di promozione. Coinvolsi gli insegnanti di religione, il preside e i
compagni della mia scuola (per geometri). Cercai molto senza fare significativi
passi avanti. Ebbi occasione di avere scambio di informazioni con qualche non
cattolico,ma presto me ne tenni in disparte.
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Mi aveva spesso
invitato a qualche festa giovanile legata ad un gruppo religioso,
per cui pensai bene di regalargli il libro "Il futuro delle
religioni" di Paul Tillich. Desideravo tenerlo
nascosto dallo sguardo dei curiosi per non sentire le classiche risatine (tutti
gli altri regali erano mangerecci o musicali), ma con somma sorpresa i commenti
degli astanti furono tutti positivi. "Come mai?" chiesi al mio amico
(fra l'altro, ballando con una bella ragazza, avevo per quasi tutto il tempo
parlato delle mie ricerche). "Ah, non lo sapevi?" disse "siamo
tutti mormoni". "Eh, mormoni? Cos'è?" |
Mi parlò di una chiesa cristiana
e mi invitò a visitarli la prossima domenica in occasione della Pasqua. "Perchè
no?" risposi. "Vado dappertutto, verrò anche da voi".
L'ambiente mi piacque molto,
pulito, cordiale e ordinato. Fui introdotto a due giovani americani, uno detto
"vichingo" per la folta chioma bionda. Erano due missionari che ben
presto imparai ad apprezzare molto, veramente molto.
Sin dalle prime note mi resi
conto di aver trovato l'obiettivo delle mie ricerche e la risposta alle
innumerevoli domande che mi animavano da diversi anni. La grandiosa esperienza
di Joseph Smith, la spiegazione del piano di salvezza, oh che gioia sentire
quelle parole e scoprire chi fossi in realtà..e poi, il Libro di Mormon,
favoloso missionario silenzioso, le cui pagine mi infervorarono e mi istruirono
nei primi passi di questo cristianesimo a me prima nascosto, pieno di verità
esaltanti, pieno di luce, ricco di forza e di conoscenza.Notai che procurava in
me le stesse sensazioni che provavo leggendo la Bibbia, a differenza di tutti
gli altri testi che pure trattavano religione.Si trattava di un secondo libro
sacro.
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